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La protezione da urti, scosse e vibrazioni

La protezione da urti, scosse e vibrazioni
degli equipaggiamenti a bordo di mezzi
di trasporto

Introduzione

Per ragioni di comodità logistica è uso raccogliere più apparecchiature e/ o equipaggiamenti in un unico contenitore che è trasportato su mezzi mobili.
Durante la fase di trasporto, le apparecchiature sono generalmente inattive e sono poste in funzione solo a veicolo fermo o dopo scarico sul terreno.

Se invece le apparecchiature e/ o equipaggiamenti sono in funzione, possono porre an- che il problema della tutela dell’ambiente circostante contro il disturbo da loro generato o viceversa.

Con il passare degli anni, l’evoluzione tecnica ha portato a prestazioni sempre più sofisticate, insieme a livelli più elevati di adabilità ed intervalli di manutenzione sempre maggiori.

Dato il tipo di sito installativo, ovvero un mezzo mobile, la presenza di disturbi dinamici, periodici e/ o impulsivi, sono tali da rendere assai problematica la costanza delle prestazioni, sia in termini di qualità delle funzioni svolte sia della durata temporale. La soluzione consiste nell’inserire, fra l’apparecchiatura ed i vincoli all’ambiente esterno, una sospensione elastica.

Nel caso sia presente un regime vibratorio, si può ridurre il disturbo trasmesso all’apparecchiatura progettando una sospensione con frequenza naturale decisamente inferiore a quella fondamentale della sollecitazione (separazione minima di un’ottava).

Se, invece, le vibrazioni sono di tipo aleatorio ad ampia banda di frequenze e, pertanto, risulta impossibile evitare fenomeni di risonanza, si deve pensare a supporti dotati di elevato smorzamento, così da contenere le amplificazioni a valori minori.

Nel caso di fenomeni d’urto, l’e cacia dell’attenuazione è strettamente collegata alla storia temporale dell’evento, soprattutto alla durata dell’impulso, e la regola generale è quella di dimensionare una sospensione con periodi di oscillazioni libere (ovvero le frequenze proprie) di durata molto superiore a quella dell’impulso.

In altre parole, è richiesta una bassa frequenza propria sotto urto.

Nei punti seguenti sono riassunte le caratteristiche principali dei disturbi dinamici nei mezzi mobili, distinti per settori operativi. Si riportano anche i punti fondamentali legati al dimensionamento della sospensione ed alla strategia di isolamento, per chiudere con un confronto tra le soluzioni di sospensioni con elementi in gomma (o elastomeri) ed elementi in fune metallica.

Sollecitazioni

Nello specifico, sono descritti i disturbi tipici della fase di trasporto, mentre un paragrafo specifico descrive quelle relative alla fase di carico e scarico, comuni a tutti i mezzi.

2.1 Mezzi terrestri
Durante la fase di trasporto, la tipologia dei disturbi dinamici dipende in larga misura, oltre che dalla natura fisica del percorso, dal tipo di sistema di trasporto, che può essere costituito da ruote o cingoli.

Nei mezzi cingolati, il transitorio principale è quello generato dalle sospensioni, con frequenze 1÷ 3 Hz con ampiezze ± 50 mm (per la loro natura, queste sollecitazioni sono presenti sostanzialmente nell’asse verticale), mentre nelle condizioni di regime è presente una stato vibratorio complesso, con banda estesa nell’intervallo 40÷ 100 Hz (ma anche oltre), di piccola ampiezza ± 1÷ 0,1 mm.
Nei mezzi ruotati, il transitorio principale dovuto alle sospensioni del veicolo, presenta all’incirca le medesime frequenze, 0,5÷ 4 Hz ma escursioni maggiori, ± 150 mm ed oltre, specie per il percorso accidentato e/ o fuoristrada. Per veicoli progettati per un ampio uso in fuoristrada o, per lo meno, su strade non preparate, come sterrato, pavè o macadam, ma soprattutto per rimorchi ad un solo asse, sono presenti nello spettro anche dei picchi di ampiezza consistente nella banda 7÷ 8 Hz, legati alle risonanze del sistema sospensioni del mezzo e pneumatici. In pratica, la sospensione di questi tipi di veicoli è sensibilmente più rigida di quella tipica di mezzi progettati per impiego quasi esclusivamente su strada asfaltata. Come per i mezzi cingolati, essendo legate alle sospensioni del mezzo, queste sollecitazioni sono presenti sostanzialmente nell’asse verticale. Importante è anche l’e etto del complesso non ammortizzato del veicolo e del pianale di carico, più in generale del telaio, che vibrano per l’irregolarità del contatto fra ruote e suolo, con banda fondamentale 14÷ 17 Hz, le ampiezze dipendono molto dal tipo percorso e mezzo, indicativamente circa ± 2 mm per strade asfaltate e ± 10÷ 15 mm per quelle non asfaltate. Le ampiezze sono maggiori in asse verticale, nelle direzioni orizzontali, per percorsi asfaltati, la longitudinale è nettamente superiore alla trasversale. Per percorsi accidentati, le orizzontali sono praticamente equivalenti per quanto riguarda le ampiezze. Utilizzati per la maggiore sono gli spettri elencati nella MIL-STD-810, nello specifico Common carrier (US highway truck vibration exposure), Two wheeled trailer (TWT) e Composite Wheeled vehicle (CWV). Da notare che questi spettri sono definiti con lo sco- po di assicurare la resistenza a fatica, possono, pertanto, avere dei fattori di esagerazione nelle ampiezze per permettere prove di durata ragionevole. Questo fatto potrebbe però portare a prestazioni sensibilmente e sostanzialmente diverse tra le prove di laboratorio e quelle in normali condizioni di esercizio sul campo, tenuto conto della non-linearità delle caratteristiche dei resilienti, sia a fune metallica sia in elastomero. La banda delle vibrazioni a regime (sinusoidali),generate dai motori e dalle catene cinematiche, hanno banda fondamentale di frequenza 20÷ 30 Hz, con ampiezze dell’ordine di ± 0,1 mm.
Sono possibili eventi d’urto, dalle di erenti origini, diversamente valutati nelle varie normative nazionali ed estere. In genere, sono considerati tre livelli, descritti da un impulso di accelerazione che varia nel tempo con legge simusoidale o a dente di sega, nelle tre direzioni spaziali:

1. scosse ripetute: 20÷ 40g, durata 6 ms, n·103 ripetizioni
2. urti operativi: 20÷ 40g, durata 11 ms
3. urti limite: 50g, durata 11 ms oppure 75g, durata 6 ms

2.2 Mezzi navali

L’intera struttura della nave è eccitata in regime vibratorio dal gruppo propulsivo, ope- rante a diversi regimi. Zone più delimitate sono influenzate dal disturbo dinamico prodot- to da apparecchiature installate nei loro pressi (pompe, motori, compressori, ventilatori, generatori, ecc.). Gli urti, limitati ad eventi di natura occasionale nelle costruzioni mercantili (urti di movimentazione dei carichi e collisioni di manovra), diventano elementi fondamentali di eccitazioni nelle costruzioni militari (azione dell’armamento di bordo, azioni impulsive esercitate dall’esterno sulle strutture).

La soluzione costruttiva dello scafo caratterizza localmente il comportamento vibrato- rio dei vari ambienti. In generale, il disturbo vibratorio raggiunge valori superiori nella banda 15÷ 25 Hz, con ampiezze pari a ± 1 mm e rapidamente decrescenti all’aumentare della frequenza, ± 0,1 mm a 50 Hz.
Il problema dell’urto, come detto essenziale per le costruzioni militari, è a rontato in termini di massimo evento probabile, simulato su apposite macchine di prova, descritte da diverse normative. L’impulso anche se di varia intensità, è generalmente descrivibile come un susseguirsi, smorzato, di picchi di accelerazione di segno alterno, a partire dell’ordine di centinaia di g e della durata di 1÷ 2 ms, per ogni picco. Negli ultimi anni, più frequentemente le specifiche di fornitura riportano spettri SRS, che sono sempre meno correlati agli urti prodotti dalle macchine di prova più vetuste.

2.3 Mezzi aerei

Nei mezzi aerei, la principale fonte di eccitazione dinamica è il regime vibratorio generato dal sistema di propulsione. Il tipo di propulsione ed il regime di volo definiscono i valori delle frequenze fondamentali di un complesso di vibrazioni che si estendono su una larghissima banda (anche fino a 2.000 Hz). Assai di cile è definire l’ampiezza di oscillazione che abbia validità generale, poiché sono molto diversificate in funzione di tipo di soluzione costruttiva del mezzo e della singola localizzazione del”installazione a bordo. Indicativamente, per frequenze superiori a 10 Hz, le ampiezze sono limitate all’ordine di 0,1 mm e decrescono rapidamente, almeno nei velivoli a getto. In quelli ad elica, si deve tenere presente i picchi relativi alla frequenza di passaggio pale (e sue armoniche), di natura prettamente sinusoidale. Tale specie di sollecitazioni sinusoidali sono particolarmente critiche negli elicotteri, in special modo nella banda 5÷ 10 Hz, dove si possono raggiungere ampiezze di ± 1÷ 4 mm.

Modesti fenomeni impulsivi si generano durante la fase di volo, dovuti alle turbolenze – 20÷ 30g, durata 11 ms, mentre quelli maggiori sono caratteristici della fase di atteraggio (crash landing) – 30÷ 40g, durata 11 ms. Per i velivoli militari, si deve tenere conto degli eventi dinamici prodotti da azioni interne e/ o esterne legate all’impiego operativo, quali, ad esempio, fenomeni vibratori legati all’apertura/ chiusura dei vani interni, o alle manovre (bu eting, tipicamente 10÷ 50 Hz), lancio di armi, vibrazioni legate allo scarico dei motori e/ o turbolenza dello strato limite delle superfici (alari od altre), ecc.

2.4 Manipolazione di carico e scarico

Durante la manipolazione di carico e scarico , il contenitore degli equipaggia- menti può subire degli urti, tra i quali, ad esempio, una caduta accidentale. Questi sono trasmessi all’interno, con caratteristiche spettrali che dipendono dai modi di vibrare del contenitore. Tipicamente, queste o ese dinamiche sono costituite da variazioni repentine
della quantità di moto del sistema e possono essere rappresentate come «gradini di velocità», espressi mediante forme d’onda impulsive di accelerazione dalla geometria definita (rettangolo, triangolo, semi-seno), caratterizzate da un valore di picco – A, e da un periodo di durata τ , solitamente 4÷ 15 ms. Da notare che, nel caso si tratti di contenitori con parti in gomma sugli spigoli o interposti al di sotto dei pattini, che abbassano sensibilmente i valori massimi di accelerazione da caduta, il valore di accelerazione in uscita risulta maggiore di quello che si avrebbe per caduta diretta sul terreno/ calcestruzzo. Questo perché le parti in gomma allungano la durata dell’impulso (tipicamente, 20÷ 30 ms), diminuendo la separazione in banda dalla frequenza propria dei supporti antiurto.

Strategia d’isolamento

Lo schema di riferimento progettuale antivibrante – antiurto dovrà tenere in considerazione i seguenti punti:
• o esa da impulsi provenienti dalle ruote, interessante il sistema a 2 gradi di libertà
costituito dalle sospensioni dell’automezzo più gli ammortizzatori degli equipaggia-
menti
• o esa da vibrazioni provenienti dal telaio o dalla struttura, interessante il sistema
a 1 grado di libertà costituito dai soli ammortizzatori degli equipaggiamenti
• o esa da movimentazione logistica, ovvero impulsi applicati direttamente alIa strut-
tura del contenitore, in una direzione casuale, con quelli d’intensità massima attesi in direzione verticale, come conseguenza di una caduta
Nel seguito esaminiamo le principali problematiche e strategie di isolamento relative alle singole situazioni appena descritte.

3.1 Vibrazioni strutturali del mezzo

Generalmente, si adottano soluzioni con f 2 relativamente elevata in modo da garantire una trasmissibilità di tali vibrazioni, che sono di per sé raramente eccessive, con rapporto 1:1, integrando la soluzione con forti valori dello smorzamento, al fine di non rischiare amplificazioni di risonanza su specifiche componenti dello spettro.

3.2 Impulsi d’urto provenienti dalle manipolazioni, tipicamente le cadute logistiche Accettando come forma caratteristica di un impulso d’urto in accelerazione il semi-seno, di durata temporale τ, si avrà un’attenuazione quando f 2 τ < 0, 3 Si ricavano, nel caso peggiore di impulsi di “lunga” durata con τ = 10 ÷ 15 ms, valori di f2 < 20 ÷ 30 Hz, sotto urto. Attenuazioni del picco di accelerazione eguali o superiori al 50% si ottengono con f 2 ≤ 15 H z – sempre nell’ipotesi estrema di τ = 10 ms. Nella pratica, è richiesto vi sia almeno un ottava di separazione di banda tra le due frequenze, quella di eccitazione e della del sistema di ammortizzazione dell’equipaggiamento.

Conclusioni

 
Per la casualità della direzione di applicazione degli urti, il comportamento descritto deve essere assicurato dal sistema di sospensione, in ogni direzione dello spazio. La soluzione ottimale, che soddisfa contemporaneamente alle tre condizioni di perturbazione
analizzate, consiste in un sistema che possiede in contemporanea le seguenti proprietà:
 
1. elevata rigidezza per le sollecitazioni vibratorie, ovvero quelle identificabili con eccitazioni di piccola ampiezza
2. bassa rigidezza per le sollecitazioni d’urto, ovvero quelle identificabili con eccitazioni di grande ampiezza. L’ammortizzatore è tanto più e ciente quanto più la sua frequenza naturale (sotto urto) risulta bassa. Dato però che la corsa dinamica della sospensione è inversamente proporzionale alla frequenza naturale (sempre sotto urto) occorre verificarne la compatibilità con gli spazi disponibili.
3. forte smorzamento, per attenuare sia le risonanze su particolari frequenza presenti in uno spettro vibratorio a larga banda – limitare il fattore di amplificazione, che in transitori d’urto – contenere il numero delle libere oscillazioni
4. resistenza termica, per smaltire senza danni il calore generato dai fenomeni dissipatori che impediscono l’innesco di grosse risonanze, in occasione del perdurare nel tempo di componenti di disturbo vibratorio generato su frequenze particolarmente pericolose
5. privo di bruschi tamponamenti in fine corsa, nel caso di urti.
 
Tutto considerato, i sistemi di sospensione dovrebbero avere
 
• in ambito militare o comunque che prevedano tratti su strade non asfaltate, una frequenza naturale (tassativamente sotto vibrazioni ma meglio anche per la condi-
zione d’urto – verticale a compressione) superiore ai 20 Hz. Vale certamente per il caso di apparati per velivoli, soprattitto ad ala fissa, dove tale limite è consigliato anche dalle stesse norme specifiche del settore. Va ricordato però che sospensioni di questo tipo non sono capaci di fornire grandi attenutazioni degli urti, rispetto ai quali si può fissare un limite di fragilità (accelerazione residua sull’apparato) indicativamente di 15÷ 20g
• in ambito civile, o comunque in settori particolari (quali, ad esempio, i contenitori per il trasporto di satelliti o loro parti), dove sono richieste fragilità inferiori ai 5g, la frequenza naturale (verticale a compressione) compresa tra i 4-6 Hz, per un impiego su tutti i veicoli e tutti i percorsi. Nel caso in cui l’apparato è previsto sia trasportato esclusivamente su camion stradali e percorsi asfaltati (o comunque non particolarmente accidentati), dal momento che non sono presenti i picchi a 7-8 Hz nello spettro, si può pensare ad una sospensione più rigida (ovvero più stabile e con corse ridotte) che abbia le frequenze proprie nell’intervallo 7-10 Hz, accettando però fragilità leggermente superiori, pari a 10÷ 15g
 
 
Confronto critico tra le soluzioni di sospensioni con elementi in gomma (o elastomeri) ed elementi in fune metallica
 
Nel caso specifico dell’ambiente installativo considerato, risulta indispensabile ricorrere ad elementi di sospensione a caratteristica elastica non lineare. Tale caratteristica, per quanto prima discusso, deve presentare una elevata rigidezza alle piccole deformazioni, che si deve ridurre con l’aumento delle deformazioni stesse. Gli elementi in elastomero, che devono sostanzialmente la loro elasticità a variazioni di forma e non di volume, hanno come tipica caratteristica quella di irrigidirsi con l’incremento della deformazione. Ciò li rende del tutto incongrui con le ipotesi progettuali. Una riduzione della rigidezza col
procedere della deformata è invece caratteristica tipica di tutti gli ammortizzatori in avvolgimento di fune metallica. Di estrema importanza è poi il fatto che tale caratteristica, nei sistemi a fune metallica, è garantita in tutte le direzioni spaziali, mentre nei sistemi in elastomero, stante la dipendenza della prestazione dalla forma massiva che deve consentire una variazione geometrica, le prestazioni garantite sono generalmente mono assiali e comunque fortemente anisotrope. Pertanto, un sistema con elementi in elastomero presenta prestazioni nettamente di erenziate secondo la direzione di applicazione dell’o esadinamica e perciò non soddisfa ulteriormente i principi progettuali. Tipicamente le so- luzioni in elastomero presentano frequenze proprie vibrazionali coincidenti con la banda tipica delle eccitazioni degli autoveicoli (10÷ 20 Hz), predisponendoli alla risonanza. Se questo accadde si produce una amplificazione notevole, 6÷ 10 volte , in quanto il fattore di smorzamento critico non è molto elevato, generalmente pari a 0,05÷ 0,08. Questo è un fatto costituzionale, incorreggibile, nella scelta della soluzione in elastomero.
 
Se anche fosse possibile aumentare il valore di smorzamento critico a quelli tipici degli ammortizzatori a fune metallica (0,15÷ 0,3 rispettivamente per piccoli spostamenti e per grandi spostamenti), questa azione sarebbe estremamente deleteria, in quanto maggiore sarebbe la produzione di calore. Tale produzione di calore è distribuita nella massa del sistema e, per lo smaltimento, richiede la sua trasmissione verso l’esterno; la criticità del sistema consiste nella bassa conduttivita termica del elastomero associata alla minima resistenza alle alte temperature, sia chimica che meccanica. Il riscaldamento dinamico può, nel peggior caso, condurre alla distruzione repentina dell’elemento in elastomero, dovuto al crollo della resistenza meccanica al crescere della temperatura, ma è comun- que in grado di degradarne le proprietà dinamiche in tempo di funzionamento molto brevi, innescando anche le fratture delle catene polimeriche; per tali motivi, si riscontra un’ulteriore mancanza di conformità rispetto ai punti progettuali esposti nel paragrafo precedente.
 
I sistemi a fune metallica sviluppano calore principalmente nell’interfaccia di contatto tra i fili dei trefoli e sono in grado di operare per tempi prolungati a temperature molto elevate, tali da rendere impossibile il contatto a mani nude. Lo smaltimento del calore, favorito dall’alto intervallo di temperatura tollerabile, avviene sia per irraggiamento, sia per conduzione, sia per i moti convettivi dell’atmosfera. Questo principio di funziona- mento consente di sviluppare smorzamenti di tipo Coulombiano (non di tipo viscoso come negli elastomeri), sempre assai elevati – 0,15÷ 0,3 rispettivamente per piccoli spostamenti e per grandi spostamenti, da cui risultano amplificazioni in risonanza mai superiori a 2÷4 volte, ed assolutamente indipendenti dalla velocita dell’oscillazione, come invece avviene
negli elastomeri.
 
Il comportamento generale di una sospensione in elastomero, tende a garantire l’isola- mento dello spettro di vibrazioni prodotte dal mezzo di trasporto solo in media ed alta frequenza, con il rischio di consentire fenomeni isolati di risonanze mal controllati. Sotto urti, di qualsiasi natura e sorgente, l’elastomero si comporta egregiamente fino a quando al deformazione della sospensione non è tale da innescare in modo palese l’irrigidimento della caratteristica elastica, che comporta la riduzione dell’attenuazione. In altre paro- le, sono attenuati bene solo gli impulsi d’urto modesti e che, presubilmente sarebbero comunque sopportati dal sistema (qualora la sua robustezza progettuale sia su ciente), e sempre meno quelli via via più importanti. Inoltre, c’è un’e cienza minore per urti
importanti in direzione diversa da quella verticale, dove l’elastomero presenta rigidezze maggiori. Per urti molto elevati si può giungere al tamponamento per irrigidimento globale del sistema che, in tali condizioni produce un suo picco secondario d’urto.
L’ammortizzatore a fune metallica, grazie allo smorzamento elevato, non consente accumuli di danni negli equipaggiamenti protetti, impedendo apprezzabili risonanze perduranti.
 
Sotto urti di qualsiasi natura e sorgente, il sistema di sospensione con elementi a fune metallica garantisce la tridimensionalità della risposta ed una crescita della percentuale di attenuazione con l’intensità dell’urto. Ciò è garantito dal fatto che il valore di frequenza propria si riduce con l’ampiezza di oscillazione in transitorio. Ultimo fatto importante è che la capacità di deformazione, ovvero la corsa sotto urto, di un sistema a fune metallica è, a parità d’ingombro, circa 2÷ 3 volte quella di un sistema in elastomero; il quale, inoltre, si riduce in percentuale con la crescita della sua capacità di carico.
 
In conclusione si può a ermare che le soluzioni in elastomero sono adeguate e, forse economiche, nei confronti di eccitazioni vibratorie a media ed alta frequenza, meglio se a banda stretta e di piccola ampiezza. In ogni caso non si può mantenere, per tempi apprezzabili, la condizione di risonanza su qualche componente dello spettro. Sotto l’urto si rivelano compatibili per o ese modeste, da qualche decina di G con τ ≃5 ms, e non più di 10 G per urti con periodi più “lunghi”. Le sospensioni a fune metallica non presentano problemi d’adesione tra parti metalliche ed in elastomero ed avendo resistenza meccanica proporzionata alla sezione dei fili e trofili, altoresistenziali, impiegati negli avvolgimenti, non può dare che la massima garanzia per quanto riguarda il vincolo alla struttura.
 
Tutto questo indica una rispondenza nei confronti dei punti progettali tutta a favore delle soluzioni in fune metallica. Si ricorda inoltre che l’origine storica dello sviluppo delle sospensioni in fune metallica ha radici specifiche proprio nella necessità di superamento dei vincoli tecnici imposti dalle soluzioni realizzate in elastomero.
 

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